Monte Pallano è sede di un’importante area archeologica risalente al periodo italico-sannita. Le imponenti mura megalitiche furono edificate dai Lucani nel terzo millennio avanti Cristo a difesa dell’antica città di Pallanum. Le funzioni della fortificazione erano militari e civili: esse infatti fungevano da vedetta sui centri vicini e proteggevano popolazione e greggi. All’interno delle mura è possibile riconoscere i resti dell’antico villaggio romano, riemersi durante recenti scavi in seguito ai quali si ipotizza l’esistenza di un insediamento urbano ben più vasto, custodito ancora sotto terra. Caratteristiche dell’antico abitato sono il sistema di drenaggio delle acque e la tecnica di costruzione basata su pietre legate con terriccio sabbioso depurato. Proseguendo su alcuni sentieri del parco è possibile osservare piccole capanne di pietra a tholos utilizzate per la pastorizia verticale, pratica di uso comune fino al Novecento.
Il borgo di Roccascalegna nasce come avamposto longobardo intorno al 600 dopo Cristo allo scopo di difendere la valle del Rio Secco dai Bizantini. Il conflitto rende necessaria la costruzione della torre di avvistamento sull’enorme ammasso roccioso che domina la cittadina. Molto probabilmente sono i Normanni, in epoca successiva, ad erigere il castello intorno alla torre sebbene non vi siano fonti storiografiche ufficiali sulla fortezza fino al 1525, anno del primo rifacimento. Dopo l’avvicendarsi di diversi feudatari, intorno al 1700 il maniero viene abbandonato per circa tre secoli divenendo preda di intemperie e saccheggi sino alla donazione al comune di Roccascalegna avvenuta nel 1985. L’importante restauro, concluso nel 1996, ha riportato “La Rocca” al suo antico splendore. Incantevole la vista panoramica dal basso che proietta il castello fuori dallo sperone roccioso come fosse sospeso.
Intorno al 1200 il cronista Gregorio Di Catino attesta la costruzione del Castellum Tornariciae di cui oggi sono ancora visibili due delle sette torri originarie situate nel centro storico di Tornareccio. Nel 1513 il borgo diventa feudo della famiglia Colonna, ma è nel 1806 che conquista l’indipendenza. Questo piccolo paese dell’entroterra abruzzese è in realtà fulcro d’arte contemporanea in seguito alla donazione da parte del collezionista e mecenate Alfredo Paglione di 204 opere novecentesche, esposte nella Sala d’Arte Pallano. Negli ultimi anni, inoltre, Tornareccio si è trasformata in un prezioso museo all’aperto: ventiquattro splendidi mosaici riempiono di luci e colori ogni angolo del centro storico ed esprimono attraverso arte e maestria gli aspetti intimi e quotidiani dell’uomo e del cittadino. Il borgo è uno dei primi produttori di miele in Abruzzo apprezzato non solo in Italia ma in tutto il mondo.
Secondo un’antica leggenda le Gole furono create da un prodigio di San Martino, il quale con la forza dei gomiti aprì un varco per accedere al cuore della montagna e costruirvi un eremo, il Monastero di San Martino in Valle, risalente al XI secolo. Attraversando le strette pareti di roccia, distanti l’una dall’altra circa due metri, si accede al canyon più lungo degli Appennini. Il Vallone di Santo Spirito, condurrà l’esploratore fin sulla vetta del Monte Amaro, alto 2793 m, disegnando uno scenario naturale che si fonde con la storia, un’atmosfera unica e incontaminata.
La Grotta del Cavallone, situata tra i comuni di Taranta Peligna e Lama dei Peligni, si sviluppa per oltre due chilometri. Si divide in una galleria principale e tre diramazioni secondarie. Inoltrandosi nella cavità, l’acqua sarà protagonista di questo meraviglioso ed unico mondo sotterraneo attraverso pozzi, gallerie, laghetti, stalattiti e stalagmiti. L'entrata della grotta disegna un occhio di cavallo, il cui muso sembra scolpito nella roccia. Le spettacolari forme carsiche incantano ogni estate speleologi e turisti che arrivano a visitarle. Nel 1904 il pittore Francesco Paolo Michetti trovò proprio qui l'ispirazione per la scenografia del secondo atto del dramma pastorale La figlia di Jorio di Gabriele D'Annunzio.
Le Grotte del Cavallone e le Gole di Fara San Martino si trovano all’interno del Parco Nazionale della Majella, un’oasi tutta di montagna, la parte più impervia e selvaggia dell’Appennino Centrale. All’interno del Parco è possibile osservare tracce del lupo e dell’orso, attraversare pianori d’alta quota e canyons imponenti, ma anche eremi, abbazie, capanne in pietra e suggestivi centri storici.
La Riserva di Punta Aderci è un’area protetta teatina che si estende dalla spiaggia di Puntapenna alla foce del fiume Sinello. Il tratto costiero naturalistico è un susseguirsi di sabbia e ciottoli, dune e scogliere in cui è possibile ammirare numerose specie vegetali marine tipiche, come ad esempio l’Halymenia Floresia, una rara e meravigliosa alga rossa del Mediterraneo. Il promontorio che caratterizza la zona offre una visuale su tutta l’oasi oltre che sul Parco Nazionale della Majella; da qui è possibile attraversare pinete sul mare, osservare coste sabbiose intervallate da falesie, valloni e tratti di macchia mediterranea. La riserva è da scoprire a piedi, in bike, in canoa o godendosi la tranquillità silenziosa e selvaggia della spiaggetta di Punta Aderci.
La suggestiva Costa dei Trabocchi, unica in Italia, si estende lungo il litorale adriatico da Francavilla al Mare fino a Vasto. Il litorale è caratterizzato dalla presenza di grosse macchine da pesca su palafitte, i Trabocchi appunto, simbolo della Regione Abruzzo ed emblema di un popolo devoto al mare e alla pesca. È indiscutibile la bellezza di questi luoghi naturali e incontaminati, rilevanti sono i tratti eterogenei del territorio: la fascia costiera alterna valli e colline, spiagge sabbiose e calette rocciose, catene di promontori e golfi, luoghi in cui sono ancora vive ed immutate le antiche tradizioni. I Trabocchi ispirarono artisti e scrittori come Gabriele d’Annunzio che nel 1889 decise di soggiornare in un antico eremo di pescatori in cui trovò la tranquillità e l’ispirazione per scrivere il romanzo Il trionfo della morte. È possibile ammirare ancora oggi il cosiddetto “Promontorio dannunziano” e da lì godere di un magnifico panorama.
Nel comune di Fossacesia, su una collina prospiciente il mare Adriatico, infine, è possibile ammirare il fiore all’occhiello della Costa dei Trabocchi: l’Abbazia di San Giovanni in Venere, un complesso monastico sorto sulle fondamenta di un antico tempio dedicato alla dea Venere. Tra il 529 e il 543, alcuni discepoli di San Benedetto diedero vita, in quell’area, ad un monastero benedettino, edificando una chiesa cristiana di piccole dimensioni dedicata a San Giovanni Battista. Intorno all’anno Mille è però documentata la prima espansione del monastero, che tra il XII e il XIII secolo raggiunse il massimo splendore. L’abbazia si presenta oggi imponente, in posizione panoramica, espressione dello stile romanico severo e maestoso, uno splendido esempio di architettura cistercense.
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